Bozza della legge di bilancio che delinea le principali misure per il triennio 2026-2028

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il 24 ottobre 2025 il Consiglio dei Ministri ha approvato la nuova manovra economica, una legge di bilancio che delinea le principali misure per il triennio 2026-2028. L’obiettivo dichiarato è rafforzare in modo strutturale il SSN, potenziando le risorse, migliorando la qualità delle cure e rendendo più efficiente l’organizzazione del sistema.

Per il 2026 è previsto un incremento di 2,4 miliardi di euro del finanziamento sanitario nazionale, che salirà a 2,65 miliardi dal 2027. A questi si aggiungono fondi già stanziati in precedenza, per un totale di oltre 6 miliardi di euro destinati alla sanità nel prossimo anno. Le risorse serviranno a sostenere diversi ambiti: dal miglioramento delle cure ospedaliere all’aggiornamento delle tariffe di rimborso (Drg) per le prestazioni sanitarie, fino al potenziamento dell’assistenza territoriale e domiciliare.

Un’attenzione specifica è riservata alla prevenzione e alla salute pubblica, con 485 milioni di euro annui stanziati a partire dal 2026 per ampliare gli screening oncologici, rafforzare le campagne vaccinali e promuovere iniziative di educazione alla salute. Le farmacie vengono riconosciute come presidi sanitari di prossimità, con 50 milioni di euro annui dedicati alla “farmacia dei servizi”, che offrirà prestazioni come misurazioni, vaccini, prenotazioni e telemedicina.

Non mancano misure per il personale sanitario, con aumenti dei fondi destinati ai rinnovi contrattuali, alle indennità e alle prestazioni aggiuntive per ridurre le liste d’attesa. Viene autorizzata inoltre l’assunzione di nuovo personale per un valore complessivo di 450 milioni di euro all’anno.

Un aspetto centrale della manovra è il rafforzamento della farmacia dei servizi. E ancora, più risorse per le cure palliative e la terapia del dolore, nuovi tetti di spesa per farmaci e dispositivi medici, l’aggiornamento del Prontuario farmaceutico nazionale e l’avvio di un monitoraggio permanente del rapporto tra finanziamenti e livelli di servizio erogati.


Di seguito una sintesi degli articoli di maggiore interesse sanitario


- Articolo 62 (Rifinanziamento del Servizio sanitario nazionale)
Il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato è incrementato di 2.400 milioni di euro per l’anno 2026 e 2.650 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2027. Ricordiamo che a questi 2,4 miliardi aggiuntivi vanno aggiunti i 5 miliardi già stanziati dalla precedente legge di Bilancio per il 2026.
Una quota di questa cifra, pari a 100 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026, è destinata al finanziamento delle spese per Alzheimer e altre patologie di demenza senile.
Le regioni, nelle more dell'assegnazione del finanziamento sanitario per l’emersione di lavoratori irregolari, sono autorizzate ad iscrivere nel bilancio dell’esercizio di riferimento, l'ultimo valore annuale assegnato in esercizi precedenti, fermi restando i successivi conguagli a seguito della assegnazione definitiva.
Al fine di rafforzare il monitoraggio dell’utilizzo delle risorse ricomprese nel fabbisogno sanitario destinate a specifiche finalità assistenziali e al fine di ridurre gli adempimenti a carico delle regioni, con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa Intesa con la Conferenza Stato Regioni, da adottarsi entro il 31 marzo 2026, sono individuate le disposizioni normative per le quali si procede al riparto delle risorse nell’ambito della proposta complessiva di riparto delle disponibilità finanziarie del Ssn, ferma restando la verifica dell’utilizzo delle risorse per le finalità assistenziali previste.
Una quota di finanziamento aggiuntivo pari a 206 milioni di euro per l’anno 2026, 17 milioni di euro per l’anno 2027 e 60 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2029 è destinata all’incremento delle disponibilità per il perseguimento degli obiettivi sanitari di carattere prioritario e di rilievo nazionale.

- Articolo 63 (Misure di prevenzione)
A partire dal 2026, il governo stanzierà risorse aggiuntive e permanenti per oltre 485 milioni di euro all’anno per potenziare la prevenzione sanitaria e la salute pubblica.
L’obiettivo è rafforzare la diagnosi precoce dei tumori, ampliare l’offerta vaccinale e promuovere campagne di sensibilizzazione rivolte ai cittadini.
La quota più consistente — 238 milioni di euro annui — sarà destinata a rafforzare gli interventi strutturali di prevenzione collettiva, con quattro obiettivi principali:
Screening mammografico: estensione dell’esame alle donne tra i 45 e i 49 anni e alle donne tra i 70 e i 74 anni, per ampliare la fascia di età coperta dal programma di diagnosi precoce del tumore al seno. Finora, infatti, la maggior parte delle Regioni offriva il servizio solo tra i 50 e i 69 anni.
Screening del colon-retto: estensione della prevenzione anche alle persone tra i 70 e i 74 anni, finora escluse dalla chiamata attiva nella maggior parte dei territori.
Screening per il tumore del polmone: prosecuzione e ampliamento del programma nazionale di prevenzione e monitoraggio del tumore polmonare, avviato con la rete italiana RISP (Rete Italiana Screening Polmonare). I nuovi fondi serviranno a garantire una copertura più ampia e uniforme sul territorio nazionale, migliorando l’equità di accesso e includendo un numero maggiore di potenziali beneficiari.
Vaccinazioni: aumento del finanziamento statale alle Regioni per l’acquisto dei vaccini previsti nel calendario vaccinale nazionale, così da migliorare la copertura e uniformare l’offerta su tutto il territorio.
Oltre ai 238 milioni permanenti, per il solo anno 2026 vengono stanziati altri 247 milioni di euro per ulteriori interventi nel campo della prevenzione.
Di questi:
- 127 milioni saranno presi dalle risorse previste dalla legge di bilancio 2024 (articolo 1, comma 275),
- 120 milioni proverranno dal fabbisogno sanitario standard, cioè la quota di finanziamento statale che viene ripartita tra le Regioni.
Questa dotazione straordinaria mira a dare una spinta iniziale al nuovo piano, permettendo di avviare subito i programmi ampliati di screening e vaccinazione.
Dal 2026 il Ministero della Salute disporrà inoltre di 1 milione di euro ogni anno per realizzare campagne di informazione istituzionali sulla prevenzione. Si tratta di fondi destinati a sensibilizzare i cittadini sull’importanza dei controlli periodici, dei corretti stili di vita e della partecipazione ai programmi di screening.
La distribuzione delle risorse — sia quelle permanenti (238 milioni) sia quelle straordinarie del 2026 (247 milioni) — sarà definita, come di consueto, in sede di riparto annuale del Fondo sanitario nazionale, secondo i criteri stabiliti dal Ministero della Salute e dalla Conferenza Stato-Regioni


- Articolo 66 (Finanziamento destinato all’aggiornamento delle tariffe per la remunerazione delle prestazioni ospedaliere per acuti e per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e protesica)
L’obiettivo è quello di aggiornare le tariffe con cui lo Stato rimborsa le strutture sanitarie per i ricoveri e le cure, adeguandole ai costi reali e ai bisogni dei cittadini.
Ogni ricovero ospedaliero, infatti, viene rimborsato al sistema sanitario secondo tariffe standard chiamate DRG (Diagnosis Related Group).
I DRG si dividono in due grandi categorie: quelli “per acuti”, che riguardano i casi di malattia o trauma che richiedono un intervento immediato (come infarti, operazioni chirurgiche o infezioni gravi), e quelli “post-acuzie”, che si riferiscono invece alla fase di recupero e riabilitazione dopo la malattia o l’intervento.
Finora, per questi rimborsi, la legge di bilancio aveva previsto un miliardo di euro aggiuntivo all’anno a partire dal 2026. Con la nuova norma, quella cifra viene confermata per il 2026, ma crescerà in modo strutturale dal 2027, arrivando a 1 miliardo e 350 milioni di euro ogni anno.
Di questi, 1 miliardo sarà destinato ai ricoveri per acuti, cioè quelli più complessi e costosi, e 350 milioni ai ricoveri post-acuti, che comprendono la riabilitazione e le cure successive alla fase critica della malattia. Si tratta quindi di un incremento di 350 milioni di euro all’anno rispetto a quanto già previsto, una somma significativa che servirà a dare più stabilità economica alle strutture ospedaliere pubbliche e convenzionate.
Ma non si tratta solo di ospedali. La misura prevede anche nuovi fondi per aggiornare le tariffe delle prestazioni specialistiche ambulatoriali — cioè visite, esami e analisi — e per le prestazioni di assistenza protesica, come l’erogazione di ausili, protesi e dispositivi medici.
Per queste attività, nel 2026 verranno riservati 100 milioni di euro, che poi saliranno a 183 milioni di euro all’anno a partire dal 2027.

- Articolo 67 (Farmacia dei servizi)
A partire dal 2026, le farmacie — pubbliche e private — non saranno più viste solo come punti vendita di medicinali, ma verranno riconosciute a tutti gli effetti come strutture sanitarie parte integrante del Ssn.
Questo significa che potranno fornire, in modo stabile e strutturato, una serie di servizi sanitari e socio-sanitari già previsti da leggi precedenti ma finora attivati solo in via sperimentale o con progetti locali.
Le farmacie, grazie a questa norma, diventano un vero e proprio presidio di prossimità del sistema sanitario: un luogo dove i cittadini potranno non solo ritirare farmaci, ma anche usufruire di servizi come:
- misurazione della pressione, glicemia e colesterolo,
- screening di prevenzione,
- somministrazione di vaccini,
- prenotazioni di visite o esami,
- telemedicina e consulenze di base,
- assistenza per pazienti cronici o fragili.
Tutti questi servizi saranno svolti in sinergia con i medici di famiglia, gli infermieri e gli altri professionisti sanitari, così da rafforzare la rete territoriale della sanità, in particolare nei piccoli comuni e nelle aree rurali dove l’accesso ai servizi è più difficile.
Per poter erogare queste prestazioni, le farmacie dovranno essere autorizzate e accreditate come avviene per tutte le altre strutture sanitarie, in modo da garantire standard di qualità, sicurezza e formazione del personale.
Per finanziare in modo stabile questi nuovi servizi, viene riservata una quota fissa del Fondo sanitario nazionale, pari a 50 milioni di euro all’anno a partire dal 2026. I fondi saranno distribuiti tra le Regioni in base ai criteri del riparto sanitario annuale, cioè la procedura con cui si divide il finanziamento pubblico del sistema sanitario nazionale.
Il compenso per i servizi forniti dalle farmacie non sarà uguale ovunque, ma verrà deciso a livello regionale, attraverso accordi tra le Regioni e le associazioni di categoria delle farmacie, sulla base delle regole fissate in un accordo collettivo nazionale. Le tariffe dei servizi dovranno però restare nei limiti dei 50 milioni stanziati ogni anno: tutto ciò che va oltre sarà eventualmente a carico del cittadino.
Ogni anno, entro il 30 giugno, le Regioni dovranno inviare al Ministero della Salute un rapporto dettagliato sull’utilizzo dei fondi, sui servizi effettivamente erogati e sui risultati ottenuti. Questi dati serviranno a valutare l’impatto economico e organizzativo dell’integrazione delle farmacie nel sistema sanitario, per capire quanto contribuiscano realmente a migliorare la prevenzione e l’assistenza sul territorio.


- Articolo 72 (Ripartizione Fondo farmaci innovativi)
Dal 2026, anche le Regioni e Province autonome a statuto speciale potranno accedere a uno dei fondi nazionali destinati al finanziamento della sanità pubblica. È una misura che estende a tutto il Paese alcune risorse statali per il settore sanitario, superando le esclusioni legate ai regimi di autonomia finanziaria e assicurando una maggiore equità nei finanziamenti.

- Articolo 73 (Quote premiali)
La misura che consente alle Regioni con deficit sanitari di usufruire di strumenti straordinari per rientrare dal disavanzo viene prorogata fino al 2026.
L’obiettivo è dare più tempo alle Regioni in difficoltà per stabilizzare i conti della sanità pubblica e garantire la continuità dei servizi essenziali ai cittadini.

- Articolo 75 (Revisione annuale del prontuario)
Ogni anno, entro il 30 novembre, l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) dovrà rivedere e aggiornare il Prontuario Terapeutico Nazionale (Ptn), cioè l’elenco ufficiale dei farmaci che possono essere erogati o rimborsati dal Ssn.
Lo scopo è rendere più efficiente la spesa farmaceutica pubblica, garantendo che vengano rimborsati solo i medicinali efficaci, sicuri e con un buon rapporto tra costo e beneficio.
Nella revisione, l’Aifa dovrà valutare ogni medicinale secondo criteri precisi: quanto è efficace, quanto è sicuro per i pazienti, se viene utilizzato in modo appropriato, quanto è facile accedervi e, soprattutto, se il suo rapporto tra costo e beneficio è vantaggioso per il Ssn. In base a questa analisi, l’Agenzia potrà decidere di mantenere, inserire, riclassificare o escludere determinati farmaci dal Prontuario. In alcuni casi, potrà anche chiedere alle aziende farmaceutiche di rinegoziare il prezzo o le condizioni di rimborso, soprattutto quando sul mercato esistono alternative più economiche o quando l’aumento dei consumi ha fatto crescere troppo la spesa pubblica.
Le decisioni prese entreranno in vigore dal 1° gennaio dell’anno successivo. Tuttavia, se un medicinale dovesse essere escluso, l’Aifa potrà prevedere periodi di transizione per evitare che i pazienti già in cura restino senza terapia: saranno quindi stabilite modalità e tempi per garantire la continuità dei trattamenti fino al passaggio ad altri farmaci.
Tutto questo dovrà essere fatto senza costi aggiuntivi per lo Stato: l’Aifa utilizzerà il personale, gli strumenti e le risorse finanziarie di cui già dispone.

- Articolo 77 (Altre disposizioni in materia di farmaceutica)
A partire dal 2026 aumenta i limiti di spesa che il Ssn può destinare ai farmaci.
Si tratta dei cosiddetti “tetti di spesa farmaceutica”, che dividono il budget in due parti: la spesa per acquisti diretti, cioè i farmaci comprati direttamente dalle strutture sanitarie (ospedali e Asl); la spesa convenzionata, cioè i medicinali che i cittadini prendono in farmacia con ricetta, pagandoli in parte o totalmente tramite il Ssn. Il primo tetto sarà aumentato dello 0,20%, mentre quello convenzionato crescerà dello 0,05%.
Dal 2026 viene anche eliminata una regola del cosiddetto “payback”, il meccanismo con cui le aziende farmaceutiche devono restituire una quota di spesa alle Regioni se i tetti vengono superati. Nello specifico, non sarà più applicata la parte del payback a carico delle aziende (che finiva alle Regioni), una misura che vale circa 166 milioni di euro all’anno e che sarà coperta da altre risorse statali.
La norma chiarisce anche come devono essere ripartiti i ricavi derivanti dalla vendita dei farmaci tra le aziende produttrici, i grossisti (cioè i distributori) e i farmacisti:
- il trasferimento di una quota dai produttori ai grossisti non cambia il prezzo dei farmaci per il Servizio sanitario,
- e non tocca la quota minima spettante ai farmacisti.
Rimane inoltre la possibilità di “negoziare” una piccola parte (l’8%) tra grossisti e farmacisti, come già previsto da anni.
Per i farmaci con prezzo superiore a 100 euro, si stabilisce che le percentuali di remunerazione restino le stesse applicate a quelli da 100 euro: serve a evitare margini eccessivi sui medicinali più costosi.
Un’altra novità importante riguarda i farmaci biotecnologici (quelli ottenuti da processi biologici, come molti trattamenti oncologici o per malattie rare). Quando scade il brevetto di uno di questi farmaci e non è ancora disponibile un biosimilare (cioè un equivalente più economico), l’Aifa dovrà comunque rinegoziare il prezzo con l’azienda produttrice per ottenere una riduzione del costo per il Ssn.
In alternativa, l’azienda potrà proporre autonomamente un prezzo con uno sconto di almeno il 20% rispetto a quello precedente.

Per contrastare i problemi sempre più frequenti di carenza o irreperibilità di farmaci, il testo rafforza gli obblighi delle aziende:
- se un produttore decide di interrompere la distribuzione di un medicinale, dovrà avvisare l’Aifa con almeno due mesi di anticipo, salvo emergenze;
- in caso di violazione, l’azienda rischia sanzioni da 6.000 a 36.000 euro, soprattutto se il farmaco in questione è inserito tra quelli considerati critici o senza alternative terapeutiche;
- l’Aifa aggiornerà ogni anno un elenco ufficiale dei medicinali essenziali o a rischio carenza, d’intesa con associazioni di settore e pazienti.
Inoltre, una parte delle multe incassate per queste violazioni sarà destinata al bilancio dell’Aifa per finanziare le attività di controllo e vigilanza.
Infine, dal 1° gennaio 2026 viene abolita la possibilità per le aziende farmaceutiche di evitare la riduzione obbligatoria del 5% del prezzo di vendita dei farmaci rimborsati dal Ssn, una misura che era stata introdotta anni fa e prorogata più volte. Con questa abrogazione, i prezzi dei medicinali saranno quindi allineati a livelli più bassi, senza eccezioni per le imprese.

- Articolo 78 (Modifiche all’articolo 2 del decreto-legge 1° agosto 2025, n. 110)
Aumenta da 20 a 70 milioni di euro i fondi previsti dal decreto di agosto 2025 per sostenere l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.

- Articolo 79 (Spesa per l’acquisto di dispositivi medici)
A partire dal 2026, lo Stato stabilisce un nuovo limite nazionale di spesa per l’acquisto dei dispositivi medici.
Finora questo tetto era fissato a una percentuale più bassa (circa il 4,4% del Fondo sanitario nazionale). Con la nuova norma, il limite viene aumentato al 4,6%, riconoscendo che i costi e il fabbisogno di dispositivi medici sono cresciuti negli ultimi anni, anche a causa dell’innovazione tecnologica e del rinnovo delle attrezzature ospedaliere.
Restano comunque invariate le regole già previste per la suddivisione del tetto tra le diverse Regioni, che continueranno a stabilire i propri limiti interni seguendo le procedure fissate dalla legge del 2015.

- Articolo 80 (Disposizioni sui limiti di spesa per l’acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati)
Questa norma riguarda il limite di spesa per beni e servizi che le Regioni e le aziende sanitarie possono sostenere ogni anno.
Si tratta di un tetto imposto per contenere i costi della sanità pubblica, introdotto nel 2012 e aggiornato più volte negli anni successivi.
A partire dal 2026, questo limite viene aumentato di un punto percentuale, cioè le Regioni avranno un po’ più di margine di spesa rispetto a oggi per acquistare tutto ciò che serve al funzionamento degli ospedali e delle strutture sanitarie: forniture, manutenzione, servizi esterni, pulizie, apparecchiature, assistenza tecnica, e così via.
Il secondo comma cambia leggermente il riferimento normativo che vincola la spesa. Finora, la legge richiedeva che l’aumento fosse comunque compatibile con “l’equilibrio economico e finanziario del Ssr”. Ora questo riferimento viene sostituito da un richiamo a un’altra norma del 2004, che stabilisce in modo più dettagliato come garantire l’equilibrio dei conti pubblici regionali e la sostenibilità della spesa sanitaria nel tempo.

- Articolo 81 (Ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione)
Nel 2026 partirà un progetto sperimentale nazionale per migliorare il modo in cui gli ospedali organizzano e gestiscono l’assistenza sanitaria, puntando su innovazione, efficienza e qualità delle cure.
L’iniziativa è rivolta agli Irccs pubblici — cioè gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, che uniscono attività clinica e ricerca medica — e agli ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione, le strutture pubbliche che rappresentano i centri più avanzati del Ssn.
L’obiettivo è sperimentare nuovi modelli clinico-organizzativi, per esempio:
- percorsi assistenziali più integrati tra ospedale e territorio,
- l’uso di tecnologie digitali per la gestione dei pazienti,
- nuove modalità di collaborazione tra reparti e professionisti,
- sistemi di monitoraggio più efficaci per garantire standard di qualità elevati.
Per finanziare questo progetto, il Governo mette a disposizione 20 milioni di euro per il 2026, che saranno ripartiti tra le Regioni e le Province autonome in base ai progetti presentati e approvati. La distribuzione dei fondi avverrà con un decreto del Ministro della Salute, d’intesa con il Ministero dell’Economia e delle Finanze e previo accordo con le Regioni nella Conferenza Stato-Regioni, così da assicurare un’equa partecipazione di tutti i territori.
Le risorse proverranno da fondi già esistenti, senza nuovi costi aggiuntivi per lo Stato.
Infine, l’articolo specifica che la misura è approvata anche nel rispetto dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige, per garantire che la sperimentazione possa coinvolgere anche le Province autonome di Trento e Bolzano nel pieno rispetto della loro autonomia amministrativa.

- Articolo 82 (Realizzazione dei servizi di scambio transfrontaliero per le ricette mediche elettroniche, il profilo sanitario sintetico, i documenti clinici originali, i referti di laboratorio, le schede di dimissione ospedaliera e i referti di diagnostica per immagini)
Si introduce un passo concreto verso la sanità digitale europea, con l’obiettivo di permettere ai cittadini italiani di usufruire delle proprie informazioni sanitarie anche all’estero, e viceversa.
In pratica, si vuole rendere possibile — grazie a nuove infrastrutture informatiche — lo scambio sicuro e automatico di dati sanitari tra l’Italia e gli altri Paesi dell’Unione Europea.
Questo sistema riguarderà:
- le ricette elettroniche, così che un farmaco prescritto in Italia possa essere ritirato anche in un altro Paese UE;
- il profilo sanitario sintetico del paziente (con le informazioni principali sulla sua salute e i trattamenti in corso);
- i documenti clinici originali, i referti di laboratorio, le schede di dimissione ospedaliera e i referti di diagnostica per immagini.
Tutto avverrà tramite il Sistema Tessera Sanitaria, la piattaforma digitale che già oggi gestisce dati sanitari e ricette elettroniche a livello nazionale.
Per sviluppare e gestire questa nuova infrastruttura, lo Stato autorizza una spesa di: 985.222 euro per il 2026 e 793.000 euro all’anno a partire dal 2027.
I fondi saranno gestiti attraverso la convenzione già in vigore tra il Ministero dell’Economia e delle Finanze e la società SOGEI S.p.A., l’azienda informatica che si occupa delle principali piattaforme digitali pubbliche italiane (come appunto il Sistema Tessera Sanitaria).
Queste risorse andranno ad aumentare il budget complessivo della convenzione esistente, così da coprire i nuovi sviluppi tecnologici e le attività di manutenzione e sicurezza informatica.

- Articolo 83 (Riparto delle somme da erogare ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi)
A partire dal 2026, l’Italia aggiornerà il modo in cui finanzia due importanti organismi internazionali che si occupano di salute e ricerca scientifica: il Centro internazionale per le ricerche sul cancro (IARC), che coordina gli studi mondiali sulle cause e la prevenzione dei tumori, e l’Organizzazione mondiale per la salute animale (WOAH), che ha il compito di monitorare e contrastare le malattie infettive degli animali, spesso rilevanti anche per la salute umana.
Finora i contributi versati dal nostro Paese a questi enti erano regolati da leggi piuttosto vecchie, risalenti agli anni Settanta e Ottanta, che fissavano importi e modalità ormai superati. Con questa norma il sistema viene reso più attuale e flessibile: da ora in poi, gli importi saranno stabiliti ogni anno sulla base delle richieste ufficiali dei due organismi e degli impegni internazionali assunti dall’Italia, tenendo però conto delle risorse effettivamente disponibili nel bilancio dello Stato.
Sarà il Ministero della Salute a definire annualmente, con un proprio decreto, l’ammontare dei contributi da destinare a ciascun ente, assicurando così una gestione più trasparente e coerente con le esigenze del momento.
Inoltre, vengono abrogate le vecchie leggi che regolavano questi contributi, ormai non più adatte alla realtà attuale. È anche specificato che questo aggiornamento non comporterà nuove spese per lo Stato, ma semplicemente un adeguamento delle regole di finanziamento all’interno delle risorse già previste.

- Articolo 84 (Disposizioni in materia di dispositivi di cui al Regolamento UE 2017/745)
Questo articolo aggiorna le regole che riguardano il lavoro degli estetisti e, allo stesso tempo, chiarisce il ruolo del Ministero della Salute nel controllo dei dispositivi medici usati anche in ambito estetico.
In sostanza, viene modificata la vecchia legge del 1990 per adeguarla alle più recenti norme europee. Oggi, infatti, molte apparecchiature utilizzate nei centri estetici — come laser, radiofrequenze o ultrasuoni — rientrano nella categoria dei dispositivi medici. La novità principale è che gli estetisti potranno continuare a usarli, ma solo a determinate condizioni: gli strumenti dovranno avere la marcatura CE, cioè la certificazione che ne garantisce sicurezza e conformità alle regole europee; dovranno essere immessi sul mercato nel rispetto di tutte le norme comunitarie; e potranno essere impiegati esclusivamente per trattamenti estetici, non medici. Inoltre, la documentazione che accompagna questi prodotti dovrà indicare chiaramente che possono essere usati anche da estetisti, non solo da medici o altri professionisti sanitari.
L’obiettivo è duplice: da un lato, permettere agli estetisti di utilizzare tecnologie sempre più avanzate senza rischiare di oltrepassare i limiti della loro professione; dall’altro, tutelare i cittadini, assicurando che gli strumenti impiegati nei trattamenti estetici siano sicuri e rispettino le regole europee.
Infine, la norma affida al Ministero della Salute un ruolo centrale. Sarà infatti il Ministero a vigilare sul mercato dei dispositivi medici, verificando che siano conformi alle norme e mantenendo sotto controllo gli organismi che si occupano di certificarli.

- Articolo 85 (Potenziamento dei servizi di telemedicina)
Questo articolo introduce un intervento per rafforzare la telemedicina in tutta Italia, con l’obiettivo di rendere più omogenei e moderni i servizi sanitari digitali, soprattutto quelli legati alla prevenzione e al monitoraggio a distanza dei pazienti.
Vengono stanziati 20 milioni di euro per il 2026 a favore dell’Agenas, che in questo caso agisce come Agenzia nazionale per la sanità digitale. Queste risorse serviranno a potenziare i sistemi di telemedicina, migliorando le tecnologie e le procedure utilizzate. Tra le priorità, c’è quella di fornire ai professionisti sanitari dispositivi medici adeguati per controllare in modo efficace lo stato di salute dei pazienti a distanza (per esempio, strumenti per il monitoraggio dei parametri vitali o piattaforme di collegamento sicuro). L’intento è anche quello di uniformare i servizi digitali sanitari in tutte le regioni, evitando differenze nell’accesso o nella qualità.
Entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, il Ministero della Salute, su proposta di Agenas e d’intesa con il Ministero dell’Economia e con le Regioni, dovrà emanare un decreto che definirà nel dettaglio quali dispositivi medici saranno forniti, quali categorie di professionisti sanitari ne beneficeranno e come avverrà la distribuzione.

- Articolo 86 (Norme di adeguamento interno agli articoli 81, paragrafo 1, 65 e 89 del regolamento (UE) 528/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, relativo alla messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi)
Si introducono nuove regole su come vengono valutati e autorizzati i prodotti biocidi, cioè quelle sostanze e preparati usati per disinfettare, disinfestare o proteggere materiali e ambienti da organismi nocivi (come disinfettanti, insetticidi, conservanti, ecc.), in linea con il Regolamento europeo 528/2012.
In particolare, si stabilisce che sarà il Ministero della Salute a individuare — tramite un decreto specifico — quali enti pubblici dovranno esprimere pareri obbligatori durante l’iter di valutazione di questi prodotti. Per esempio, in base alla tipologia di biocida (disinfettante, repellente, conservante, ecc.), il Ministero potrà richiedere il parere di un ente scientifico, di un’università o di un istituto di ricerca specializzato.
Gli enti che potranno fornire questi pareri saranno scelti tra gli enti vigilati dal Ministero della Salute (come l’Istituto Superiore di Sanità, l’Istituto Zooprofilattico, ecc.) oppure tra università ed enti di ricerca che abbiano espresso la volontà di collaborare, a seguito di consultazioni pubbliche.
Un’altra novità riguarda la ripartizione delle tariffe: per ogni procedura in cui è richiesto il parere di un ente pubblico, la tariffa pagata dalle aziende sarà suddivisa in questo modo — l’80% andrà all’ente che ha espresso il parere e il 20% al Ministero della Salute.
Infine, viene chiarito che questa riorganizzazione non comporterà nuove spese per lo Stato, perché le amministrazioni coinvolte dovranno operare con le risorse già disponibili.

- Articolo 87 (Accertamento e riscossione del contributo per il governo dei dispositivi medici)
Questo articolo introduce nuove regole e sanzioni per chi non presenta correttamente la dichiarazione prevista dal decreto del Ministero della Salute del 29 dicembre 2023, che serve a determinare il contributo economico dovuto da determinate aziende o soggetti.
Se un’azienda non presenta la dichiarazione, la presenta in modo incompleto o con dati falsi, il Ministero della Salute può intervenire entro cinque anni per calcolare direttamente quanto fatturato ha avuto e quanto contributo deve versare. Questo viene fatto attraverso un avviso di accertamento, cioè un documento ufficiale con cui lo Stato comunica l’importo dovuto.
L’azienda, però, ha la possibilità di mettersi in regola spontaneamente prima che arrivi l’accertamento: in questo caso dovrà pagare solo il contributo e gli interessi legali, ma senza sanzioni.
Se invece non lo fa e il Ministero deve procedere d’ufficio, allora scatterà una sanzione del 30% sull’importo non pagato. Tuttavia, se l’azienda paga tutto entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso, la multa si riduce a un decimo, quindi diventa molto più bassa.
Infine, se passano 60 giorni e il pagamento non avviene, l’avviso diventa titolo esecutivo, cioè ha lo stesso valore di una cartella esattoriale: l’importo (comprensivo di contributo, interessi e sanzioni) viene affidato all’agente della riscossione, che potrà procedere al recupero forzato delle somme.

- Articolo 88 (Disposizioni relative al Fondo per il governo dei dispositivi medici)
Questo articolo chiarisce e semplifica le regole sul contributo dovuto dalle aziende che vendono prodotti o servizi al Ssn.
In primo luogo, viene precisato che l’espressione “vendita al Ssn” — usata in alcune leggi recenti — si riferisce solo alle vendite dirette, cioè quando l’azienda vende i propri prodotti o servizi direttamente al Ssn (ad esempio a un ospedale pubblico o a una Asl).
Non sono quindi incluse le vendite indirette, come quelle fatte attraverso intermediari, distributori o altri canali commerciali.
In secondo luogo, l’articolo introduce una soglia minima di esenzione: le aziende che, in un anno, vendono direttamente al Ssn per meno di 50.000 euro non saranno tenute a versare il contributo previsto dalle leggi citate.

- Articolo 94 (Misure in materia di monitoraggio della spesa sanitaria)
Questo articolo introduce un rafforzamento del sistema di monitoraggio e valutazione delle performance del Ssn.
La norma prevede che il sistema di indicatori già esistente — cioè quello che misura l’efficienza e la qualità dei servizi sanitari nelle diverse regioni — venga integrato con un nuovo strumento di controllo permanente. Questo strumento servirà a verificare costantemente l’equilibrio tra due aspetti fondamentali:
da un lato, i finanziamenti assegnati alla sanità; dall’altro, i livelli e la qualità dei servizi effettivamente garantiti ai cittadini.
In altre parole, si vuole capire se le risorse economiche messe a disposizione del Ssn corrispondono davvero ai servizi offerti, e se l’aumento (o la riduzione) dei fondi si traduce in un miglioramento (o peggioramento) dell’assistenza sanitaria.
Il monitoraggio sarà effettuato tenendo conto dei criteri di riparto dei fondi tra le regioni e dei fabbisogni standard, cioè dei parametri che servono a calcolare quante risorse servono a ciascun territorio per garantire i livelli essenziali di assistenza.

Articolo 115 (Riduzione del concorso alla finanza pubblica delle Regioni a statuto ordinario)
Questo articolo riguarda i rapporti finanziari tra lo Stato e le Regioni a statuto ordinario e introduce alcune modifiche per alleggerire il loro contributo alla finanza pubblica, cioè la quota che ogni Regione deve restituire o mettere a disposizione dello Stato per contribuire agli equilibri di bilancio nazionali.
In concreto, viene stabilito che nel 2026 il contributo complessivo dovuto dalle Regioni ordinarie sarà ridotto di 100 milioni di euro. Questo significa che lo Stato chiederà un po’ meno denaro alle Regioni, lasciando loro più risorse da utilizzare nei propri bilanci — ad esempio per sanità, infrastrutture o servizi sociali. La riduzione sarà distribuita proporzionalmente tra tutte le Regioni, in base agli importi che ciascuna doveva già versare secondo le tabelle ministeriali.
C’è poi un secondo meccanismo, più articolato: le Regioni potranno scegliere volontariamente di rinunciare a un contributo statale da 259,5 milioni di euro previsto per il 2026, in cambio di una riduzione corrispondente dei loro obblighi di partecipazione alla finanza pubblica. In pratica, rinunciando a ricevere certe risorse, le Regioni potranno alleggerire in parte il loro debito verso lo Stato, con un effetto neutro o positivo sui loro bilanci futuri.
Ogni Regione dovrà comunicare la propria decisione al Ministero dell’Economia entro il 15 gennaio 2026, e poi un decreto ministeriale ufficializzerà la situazione per ciascuna di esse.

- Articolo 124 (Definizione dei livelli essenziali delle prestazioni)
La norma spiega che vengono stabiliti — in applicazione della legge 68/2011 — quali sono i livelli minimi di prestazioni che devono essere assicurati ai cittadini, suddividendoli per grandi aree tematiche, dette macroaree di intervento.
Ogni macroarea raccoglie servizi che hanno caratteristiche simili: ad esempio, la sanità, l’istruzione, l’assistenza sociale, la tutela dell’ambiente o i trasporti. All’interno di ciascuna di queste aree, le prestazioni saranno definite in modo da essere omogenee, cioè comparabili e garantite in egual misura in tutte le Regioni.

- Articolo 125 (Livelli essenziali delle prestazioni nella materia “Sanità” di cui all’articolo 14, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68)
Nell’ambito delle nuove regole sui livelli essenziali delle prestazioni (Lep), restano pienamente validi e confermati i livelli essenziali di assistenza (Lea) già stabiliti dalle norme precedenti.
In parole semplici, la legge ribadisce che per quanto riguarda la salute, i cittadini hanno già diritti garantiti dallo Stato — cioè l’insieme delle cure, prestazioni e servizi sanitari che devono essere assicurati gratuitamente o con ticket su tutto il territorio nazionale, come le visite mediche di base, le vaccinazioni, le prestazioni ospedaliere, la riabilitazione o l’assistenza domiciliare.
Questi Lea sono quelli fissati dal decreto legislativo del 1992, che ha riorganizzato il Servizio sanitario nazionale, e dal Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, che ha aggiornato e ampliato l’elenco delle prestazioni garantite (ad esempio includendo nuovi esami diagnostici, vaccini e servizi di procreazione medicalmente assistita).

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