Caos e pandemia: su PLOS ONE uno studio sull’evoluzione dei coronavirus emergenti. Palù: “aiuterà la sanità pubblica nel controllo delle future emergenze pandemiche”

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È stato pubblicato sulla rivista scientifica PLOS ONE un nuovo studio intitolato "The chaos law is a principal driver of natural selection: A proposition on the evolution of recently emerged coronaviruses".

La ricerca, condotta da Giorgio Palù, Presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco, Pier Francesco Roggero e Arianna Calistri del Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Padova, applica la teoria del caos per spiegare l’evoluzione di SARS-CoV-2, agente eziologico della recente pandemia COVID-19, e confrontarla con quella di altri coronavirus che hanno di recente colpito l’uomo (Coronavirus SARS-CoV-1 e MERS-CoV) e di Ebolavirus, proponendo una nuova prospettiva sull'evoluzione dei virus emergenti.

La teoria del caos è rapidamente progredita come una branca della matematica e afferma che all’interno dell’apparente casualità di sistemi naturali complessi ci sono dei precisi modelli sottostanti che sono in grado di spiegare le variazioni intervenute nei sistemi stessi quasi a ipotizzare un percorso evolutivo predeterminato.

“La scoperta che la legge del caos si applica anche ai virus ha evidenti ricadute di sanità pubblica per quanto riguarda il controllo di future emergenze epidemico-pandemiche – afferma Giorgio Palù. Essa inoltre può contribuire ad allargare le prospettive sull’evoluzione genetica e la biologia dei sistemi correlate allo studio dei virus, delle popolazioni microbiche e degli ecosistemi che impattano sulla vita dell’uomo e del pianeta”.

L'articolo affronta il concetto di caos e come esso possa influenzare l'evoluzione dei virus nella popolazione. La capacità riproduttiva misurata per le diverse varianti di SARS-CoV-2 (dal prototipo Wuhan a Omicron) dimostra che l'evoluzione del virus non dipende dal caso ma da una crescita caotica nella sua fase iniziale di espansione (Wuhan-Alfa) legata alle caratteristiche genetiche iniziali del virus. Durante l’adattamento all’uomo, inoltre, un numero ridotto di mutazioni su un genoma di 30.000 basi, con molte mutazioni identiche per tutte le varianti, è in grado di modificare la contagiosità e la letalità del coronavirus. Ciò sembra una riprova a testimonianza di come le mutazioni convergano verso un attrattore che in questo caso sarebbe costituito dalle mutazioni inizialmente più favorevoli che diventano mutazioni "fisse" e che sono specifiche per la maggiore adattabilità nonché sopravvivenza del coronavirus nell'essere umano. Se le mutazioni dipendessero dal caso allora non sarebbero più mutazioni "fisse" e la probabilità che compaiono in tutte le varianti sarebbe praticamente zero.

“Va sottolineato come la crescita caotica sia evidente solo nella fase iniziale di espansione pandemica di SARS-CoV-2 – evidenzia Giorgio Palù. Il fatto che altri virus altamente diffusivi e letali ma non pandemici quali i coronavirus SARS-CoV-1 e MERS-CoV e Ebolavirus non abbiano questo comportamento fa pensare che una crescita iniziale caotica sia il pre-requisito necessario che garantisca ad un virus emergente l’intrinseca capacità di diventare pandemico”.

Per visualizzare il documento acceddere tramite il link: https://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0290453

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